“Il paziente deve fare la pace con il suo inconscio, non deve liberarsi di lui, ma trasformarlo in un alleato. Se impariamo il suo linguaggio, si mette a lavorare per noi” A. Jodorowsky
Il linguaggio, cioè l’insieme dei sistemi di rappresentazione della realtà, non è la realtà, ma la rappresenta soltanto. Ogni formalizzazione, ogni linguaggio o sistema di rappresentazione della realtà, della vita, contempla, infatti sempre un buco nero, uno o più ambiti che non riesce a soddisfare, a esaurire completamente. Questi ambiti costituiscono la giusta emergenza della complessità, il valore fondante della vita non riconducibile a sistema, l’altro da sè, l’alterità, la differenza, il luogo della differenza: la vita e la sua esperienza diretta. Anche il linguaggio, parlato e scritto, veicolo essenziale di comunicazione, ha i suoi buchi neri e le sue incongruenze: quando diciamo “qualcosa mi ha spezzato il cuore” oppure “mi inviperisce” oppure ” mi lacera l’anima” usiamo sempre un linguaggio figurato che non ha un rapporto concreto con la realtà cosiddetta oggettiva.
E’ la differenza tra realtà e linguaggio: due ambiti separati che hanno una relazione tra loro, ma che non si identificano assolutamente, perché ogni linguaggio non è altro che una riduzione di complessità e al contempo, essendo una creazione umana, è a sua volta creatore della realtà, cioè paradigma.
Altresì i linguaggi rimangono gli unici strumenti a disposizione per spiegarci ed esprimere la complessità del vivente, e in quanto tali rimangono fondamentali.
Il linguaggio analogico è il pensiero per immagini che associa la parte al tutto e il tutto alla parte.
“Le vere origini della malattia” A. Bertoli